A meno di un chilometro dal paese, prima del cavalcavia che immette sulla statale per Guardamiglio, si apre una strada sterrata, costeggiata da fossatelli e da alberi: in fondo, una grande casa bianca segnala, anche da lontano, la presenza della Sforzetta.
La cascina porta un nome suggestivo ed altrettanto impegnativo: la comunanza del toponimo con altri nuclei rurali del territorio di Somaglia, cioè la Sforza e la Sforzina, indurrebbe ad ipotizzarne una origine antica, da collocare, probabilmente, fra il Cinquecento ed il Seicento, periodo in cui Francesco Sforza diventa signore di Milano e concede alla famiglia Cavazzi il titolo di conti.
In effetti, i terreni, le case e le stalle della cascina erano possesso dei Cavazzi e lo rimasero fino agli anni Sessanta del secolo scorso, quando la contessa Guendalina siglò l’atto di vendita agli attuali proprietari, la famiglia del signor Carlo Fioretti.
L’organizzazione strutturale della Sforzetta si inquadra perfettamente nella tipologia delle cascine lodigiane. L’aia, di forma quadrangolare, è bordata da edifici di abitazione e di servizio, fra i quali quello di maggior interesse è costituito dalla stalla, con i soffitti dalle volte a vela oppure a capriate lignee, ed il portico, sostenuto da pilastri. Proprio il portico reca ulteriori motivi di interesse: infatti il pavimento originale, conservato solo in lacerti, era realizzato in mattoni, forse elementi di scarto delle fornaci dei dintorni, secondo una pratica molto diffusa proprio in epoca cinquecentesca e secentesca.
Le abitazioni dei contadini sono, invece, da assegnare agli inizi del Novecento, così come la casa padronale, che sorge al di fuori del perimetro della cascina vera e propria. La dimora è costruita su due piani, per un totale di sei stanze, ed è ornata da una splendida veranda: alcuni elementi di arredo, come le cornici in marmo dei camini e gli infissi, sono d’epoca e provengono addirittura dallo stesso Castello Cavazzi; anche i pavimenti risultano perfettamente conservati.
Infine, in facciata, all’interno della veranda, è murata una placca in terracotta, raffigurante la Madonna del Rosario con il Bambino in braccio, posta qui durante l’Anno Mariano del 1949.
Le ultime aggiunte sono rappresentate dalle stalle aperte, dietro e di fronte alle case dei contadini, costruite negli anni Sessanta, e che, allora, ospitavano mucche e manze, nonché il forno per la cottura comune del pane, mentre oggi vedono, accanto a qualche gallina, le arnie per la produzione di miele.
Alla Sforzetta si respira davvero aria buona, si vive a stretto contatto con gli animali della riserva naturale di Monticchie ed il crepuscolo, riflesso sui mattoni e moltiplicato dai fossi d’acqua, porta a pensare a tutte le persone che hanno vissuto qui, ai bambini che, intorno all’aia, hanno giocato, litigato e riso.
E la cosa più bella è che continuano a farlo, anche oggi.