
Era il 26 aprile 1945 quando nel primo numero de “Il Nuovo Corriere”, che annunciava a tutta pagina “Milano insorge contro i nazifascisti”, apparve un articolo di fondo intitolato “Riscossa” siglato con le lettere M.B.. Corrispondevano al nome e cognome del somagliese Mario Borsa, al quale il C.N.L. aveva affidato la direzione del giornale in virtù del “suo passato adamantino di giornalista schivo da ogni compromissione e di tenace assertore dei principi di libertà e di giustizia sociale, in omaggio ai quali, sotto il fascismo aveva sofferto due volte il carcere, due anni di ammonizione e in più il campo di concentramento…”.
Nato nella Cascina Regina Fittarezza il 23 marzo 1870 da una famiglia che da tre generazioni conduceva l’attività agricola, pur avendo scelto da giovanissimo un’attività del tutto estranea a quel mondo, non dimenticò mai la sua terra. “Nascere in una cascina sperduta nella quiete riposante della natura – scrisse – vuol dire imparare a vivere con te stesso in un raccoglimento fatto della beata ignoranza del gran mondo, mentre la grande città di porta fuor di te e ti getta… nella pochezza della folla anonima. Insomma chi nasce in una cascina della nostra Bassa si porta dentro per tutta la vita una eredità che un cittadino non può ne ricevere ne trasmettere, un’eredità fatta di sentimenti e sensazioni, di colori e di calori. La mia anima è fatta di questi tesori…”.
Mario Borsa dopo aver frequentato il liceo A. Manzoni di Milano, vinta una borsa di studio, si iscrisse all’Accademia scientifico-letteriaria di Brera dove, a 22 anni, si laureò in lettere italiane. Accettò l’incarico di critico di teatro nel giornale “La Perseveranza” e iniziò quella carriera che aveva sempre sognato.
Nel 1893 fu eletto consigliere dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti. Di seguito si cimentò nell’esperienza dell’inviato all’estero il 29 agosto 1896 si recò a Cettigne per il servizio sul fidanzamento del Principe di Napoli, il futuro Vittorio Emanuele III, con Elena Petrovich di Montenegro. L’anno dopo andò a Stoccolma per partecipare al 2° congresso del Bureau Central des Associations de Presse. In quell’occasione soggiornò due mesi in Danimarca, Svezia e Norvegia.
In quei paesi conobbe lo scienziato Fridjof Nansen appena tornato dalla conquista del Polo Nord, il drammaturgo e poeta Henrik Ibsen e lo scrittore Biornstierne Biornson. Rientrato in Italia fu avvicinato dal Direttore de “Il Secolo” Ernesto Teodoro Moneta che gli chiese di entrare nel suo giornale, un quotidiano democratico e quindi congegnale al suo modo di sentire. Fu così che nell’estate del 1897 entro ne ” Il Secolo” di Edoardo Sonzogno. Dopo breve periodo di inserimento accettò l’incarico di inviato a Londra e vi rimase fino al 1911. Rientrato in sede assunse l’incarico di Redattore Capo con funzioni direttoriali ed ebbe come collaboratori illustri personaggi della cultura come Alfredo Panzini, Luigi Capuana e Trilussa. Durante il conflitto del 1915-18 (ebbe come collaboratore Cesare Battisti), Borsa fece visita al nostro fronte, a quello francese e inglese e a Parigi vide nel marzo del 1918 gli effetti devastanti del bombardamento tedesco sulla città con il celebre “grande Bertha ” un cannone da 355 mm.
Finita la guerra lasciò l’incarico di redattore capo e riprese l’antica attività di “corrispondente girovago”. Per sette mesi partecipò alla Conferenza della pace di Parigi e poi, fino al 1922, a quasi tutte le altre Conferenze internazionali che seguirono nei vari paesi d’Europa, se ne tennero ben ventiquattro. Con l’avvento del fascismo, rivelò apertamente la sua opposizione al regime di Mussolini al quale si oppose con la pubblicazione del libro “La libertà di stampa” costretta a subire le imposizioni e le censure del regime. Lungi dal piegarsi alla minacce del fascismo firmò nel 1925 il manifesto degli antifascisti che gli comportò la vigilanza speciale e la carcerazione, due ammonizioni che prevedevano ispezioni in casa da parte della polizia, l’obbligo di rincasare e di uscire a ore fisse e il divieto di frequentare luoghi pubblici e di assentarsi da Milano senza permesso. Nell’agosto del 1940, dal carcere di Como fu trasferito nel campo di concentramento di Istonio Marina in Abruzzo. Liberato, riprese contatti con gli antifascisti e nell’estate del 1944 il Comitato di Liberazione Nazionale (C.N.L.) che agiva ancora in clandestinità, gli affidò l’incarico di Direttore del “Corriere delle Sera” a liberazione avvenuta. Infatti come abbiamo detto il 26 aprile 1945 uscì da Via Solferino il primo numero de “Il nuovo corriere della sera” diretto da Mario Borsa.
Abbandonato il giornale il 5 agosto 1946 per contrasti inerenti alla linea politica da lui espressa nella direzione del quotidiano, si ritirò nella sua casa di Barzio in Valsassina ritornando tuttavia con frequenza a Milano e a Somaglia nella sua Bassa, mai dimenticata. Non cessò di lavorare nel campo giornalistico ne in quello della narrativa, della saggistica della geografia, del teatro e della politica. Ricordiamo le sue opere dedicate a suoi viaggi in Europa “Dal Montenegro”; “Verso il sole di mezzanotte”, quelle che parlano della sua vita e dei suoi ricordi “La cascina sul Po” ricordi della sua infanzia alla natia cascina di Somaglia; “Memorie di un redivivo”; “La caccia nel milanese” e quelle che riflettono la profonda conoscenza del mondo inglese “Il teatro inglese”; “Il giornalismo inglese”. Nella pagina conclusiva delle vicende narrate nel romanzo autobiografico “La cascina sul Po” Mario Borsa, attraverso le parole di un padre al figlioletto, esprime una “summa” di nobilissime regole di vita di valore universale e dunque anche a noi:
“Vivi raccolto, figlio mio, non ti svagare, non ti perdere nella nebbia, non andare a cercare troppo lontano la tua felicità e quella degli altri. Tienti stretto alle cose, tientivi stretto con l’anima. Non cedere alle tentazioni della curiosità ed agli allettamenti del sogno. Tutto il mondo è paese- La gente di là dal Po non è molto diversa dalla gente che sta al di qua. Ovunque la gente lotta e farnetica ugualmente cercando nuovi ordinamenti nella speranza di star meglio e di essere felici. Ma, credilo a me, … solo gli uomini buoni potranno fare il mondo… una coscienza pura è una virtù ascetica. Bisogna avere il coraggio di frasi strada onestamente….”
Mario Borsa morì a Milano il 6 ottobre 1952 a ottantadue anni.
Nel 2010 il Comune di Somaglia ha istituito un premio giornalistico a lui intitolato e nel 2012 ha dato vita, nelle sale del Castello, ad un piccolo museo.
Nel 2017 Mario Borsa è stato iscritto nel “Giardino Virtuale dei Giusti di tutto il Mondo” con la seguente motivazione: “Prestigioso giornalista, fu perseguitato dal fascismo per le sue idee liberali, e in tutta la sua carriera fu un coerente sostenitore dell’indipendenza dell’informazione”.